Un’altra volta è un altra volta, adesso è adesso
esempio di pattern
Sono un paio di mesi che mi sento sulla ruota del criceto.
Un ritmo serrato e sincopato quasi come se volesse stritolarmi. Il quotidiano è un loop in cui si perde la motivazione e si sente solo la pesantezza. Soffermandomi sulla ripetizione e non sulla variazione percepisco l’identica eternità di ogni giornata. Invece, nulla è mai uguale a se stesso, anche se sembra esserlo e mai più di Perfect Days, film dell’acclamato regista tedesco Wim Wenders mi ha fatto capire questo concetto.
La trama cresce esattamente come il ramo di un’albero, probabilmente lo stesso che il protagonista fotografa e cataloga ordinatamente ogni sabato. Hirayama conduce una vita semplice, scandita da una routine perfetta costruita da piccoli gesti organizzati con cura. Si dedica con passione a tutte le attività della sua giornata, pulisce con minuzia i bagni pubblici di Tokyo, sceglie con amore la musica che ascolta per affrontare la giornata, dispone un momento per dedicarsi alla lettura, cura le sue piante con devozione, fotografa gli alberi e porta l’attenzione alle piccole cose a cui si può dedicare un sorriso.
Apparentemente nella vita del protagonista non cambia mai niente, i giorni si ripetono in un loop continuo, addirittura con gli stessi gesti e allo stesso ritmo. Ogni giorno, invece, nasconde l’inaspettato che si insinua nella routine, modellandone delicatamente i contorni. Il mutamento può essere qualcosa di infinitamente piccolo come ad esempio l’ombra di una foglia sull’altra, oppure infinitamente grande come la nipote che lo viene a trovare dopo anni di assenza. Nulla interrompe il suo ritmo, le incursioni sono solo delle variazioni sul tema.
Queste variazioni raccontano molto di chi è Hirayama e cosa importantissima,
ci mostrano che quella routine impeccabile è costruita con dovizia e sacrifico.
ATTENZIONE SPOILER:
La scena finale del film si sviluppa sopra il memorabile pezzo di Nina Simone “I’m feeling good.”
La telecamera è fissa sul volto del protagonista che sta guidando come ogni mattina verso il primo bagno da pulire. Sul suo volto scorrono a ritmo di musica una serie di espressioni che raccontano la felicità e la disperazione, fortemente e intrinsecamente connesse. Si legge il prezzo della libertà, delle rinunce che ha dovuto fare Hirayama per essere se stesso e condurre la vita che voleva.
Wim Wenders in questa scena risponde alla fatidica domanda “come vive un uomo libero?” la costruzione di un presente vissuto giorno per giorno su regole e principi che ci tengono saldamente insieme per godere di ogni istante.
Tocca diversi temi interessanti questo film, molti dei quali legati tra l’altro a quello che è il mondo del design e della progettazione.
Ho trovato un meraviglioso parallelismo del susseguirsi di azioni e la costruzione dei pattern, la variazione dei moduli, e naturalmente il concetto di libertà che nel design e nella progettazione assume un valore controverso.
Vorrei approfondire questi temi con Anna Mercurio.
Anna è una Brand Designer e docente. Oltre a collaborare con diverse realtà commerciali e culturali sul territorio, insegna Basic Design presso il Quasar Institute for Advanced Design, ed è l’ideatrice di Basically, una luogo virtuale dove confluisce il suo lavoro di ricerca e suggerisce sperimentazioni ed approfondimenti sul mondo delle forme e del colore.
Ciao Anna,
Benvenuta a POLLINE.
Prima di cominciare la nostra riflessione, mi piacerebbe che tu ci parlassi un un po’ di Basically cosicché, anche chi non ti conosce, può capire come mai ti ho chiamata in aiuto su questo tema.
Ciao Sara e grazie per l’invito, mi piace passeggiare e ancor più nella natura
con una cara amica.
Basically è un luogo a volte materiale a volte immateriale in cui fare pratica ed esperienza nel campo del progetto e della creatività partendo dalla metodologia del Basic Design. In questo luogo io propongo esercitazioni e laboratori creativi che possono tornare utili sia agli insegnanti delle scuole di design, che possono riproporli ai propri studenti, sia agli studenti stessi che posso formarsi partendo dai processi elementari che stanno alla base del progetto.
Ora che abbiamo capito che cos’è Basically, vuoi spiegarci cos’è un pattern e un modulo?
Mi attengo alla mia sfera di competenza che è quella visiva sapendo che la mia definizione sarà parziale: un pattern è la ripetizione di elementi uguali o simili fra loro all’interno di una superficie, abitualmente ma non necessariamente piana. Questa disposizione, volontaria o involontaria che sia - dal punto di vista morfostrutturale - può essere regolare o irregolare. Quando è regolare chiama in causa il modulo. Il modulo è l’elemento di partenza che ripetuto e moltiplicato dà vita ad un pattern.
Come si costruisce un pattern?
Partendo dal modulo, i pattern possono essere progettati prevalentemente attraverso l’utilizzo di una struttura ad intreccio, ad incastro o per accostamento. Tuttavia va detto che, partendo da questi schemi facilmente intuibili, le possibilità e i pretesti compositivi e strutturali di cui un progettista può avvalersi sono infiniti. Bruno Munari, ad esempio, si lasciò ispirare dalla tassellazione del piano della curva matematica di Giuseppe Peano, mentre Anni Albers probabilmente indagò il metodo di permutazione di Dominique Douat. Solo per fare alcuni esempi noti.
Possiamo trovare in natura un ritmo di crescita o un codice naturale riferibile ad un pattern?
La natura, nella sua flora e anche fauna, è pervasa di pattern. La loro presenza ci dice soprattuto della loro finalità funzionale. Il pattern dei glochidi di un cactus è un importante strumento di difesa verso i predatori erbivori, se lo paragono al pattern delle nervature dicotome della foglia della pianta di Ginkgo Biloba vedo che la struttura delle nervature delle foglie delle piante più evolute presentano la stessa tipologia di pattern fatto da una linea mediana e tante secondarie per consentire alla pianta di sopravvivere all’attacco dei parassiti.
A parte questo e per rispondere con più pertinenza alla tua domanda, suggerisco ai lettori di Polline la visione di questo emozionante video di Cristobàl Vila, “Nature by numbers” che mette in relazione i pattern naturali con alcuni schemi matematici come la spirale logaritmica.
Ho paragonato Perfect Days ad un pattern. Possiamo secondo te paragonarlo anche ad uno schema vita, o modulazione lineare del tempo di una routine?
Certamente e trovo questo parallelismo di grande ispirazione. La scansione del tempo è alla base della musica e in fondo, anche se in modo molto differente per ciascuno di noi, anche delle nostre esistenze. In questo senso ovviamente possiamo ricondurla ad un pattern inteso come ripetizione di elementi simili fra loro, le nostre azioni quotidiane.
Perché secondo te funziona per Perfect days?
Nel film il pattern quotidiano del protagonista varia da una serie di piccoli innesti che consentono al regista di costruire la narrazione. In questo film mi sembra che la storia sia la vita stessa, che esiste e scorre mentre il protagonista sceglie di farne parte insieme al tutto. Questa relazione, tra lo scorrere del tempo e l’individuo, ci restituisce un senso di serenità che è molto confortante.
Nel pattern verbale di “Adesso è adesso”, Wenders ci restituisce il potere della non ripetitività della ripetizione.
Se guardo il film in relazione al modulo il protagonista con la sua individualità restituisce valore al tutto, ne gode e consente agli altri con la sua esistenza e il suo contributo di goderne. Come per i pattern visivi presenti, ciascun modulo fa la sua parte. Ad esempio il “modulo” interpretato dal camion della spazzatura-sveglia che consente al protagonista di svegliarsi e dare avvio al suo giorno e al suo contributo.
In merito alla variazione, altro tema indagato anche nel pattern visivo, nel film intuiamo che c’è stata una lacerazione che, come accade per la pelle, proprio attraverso la ricostruzione di una struttura ritmica e definita consente il superamento della rottura.
Il concetto di libertà per il designer è abbastanza borderline, infatti chi progetta sa molto bene che la libertà è costruita attraverso regole molto chiare. Ci spieghi meglio questo concetto?
Voglio stare ancora su Perfect Days per rispondere a questa domanda.
Mi sembra, almeno questa è la mia lettura, che la vita del protagonista nella sua ripetizione non restituisca allo spettatore un senso di angoscia o di isolamento. Questa mancata restituzione sta a mio avviso nel fatto che lo spettatore legge la condizione del protagonista come una scelta consapevole, non come un rifugio apatico o una gabbia ma una partecipazione attiva all’esistenza nella piena coscienza di cosa gli fa del bene.
In questo senso, credo che le regole nel progetto debbano avere la stessa funzione. Invito spesso i miei studenti a non leggere le regole come limiti ma come strumenti per avere chiarezza nelle proprie scelte.
Secondo te è applicabile anche alla vita?
È una scelta, ognuno della propria vita può farne il pattern che più preferisce o di cui più ha bisogno. A volte il rumore e le continue variazioni possono essere funzionali e aiutarci a stare in situazioni che nell’ascolto limpido ci potrebbero apparire insopportabili da accettare. Anche l’imposizione della variazione diventa così una regola. È un discorso complesso.
Hai un esercizio da proporci per capire meglio di cosa abbiamo parlato?
Suggerisco l’esercitazione n° 10 che propongo sul mio sito, affronta proprio il tema della variazione.
Hai dei libri da consigliarci o dei designer che possano mostrarci meglio quello di cui abbiamo parlato fino ad ora?
Abbiamo parlato molto di funzione e mi sento in colpa nei confronti della decorazione! Suggerisco quindi un testo sull’arte decorativa, “Il senso dell’ordine” di E.H. Gombrich. A parte questo, “On Weaving” di Anni Albers, il suo manuale di tessitura, uno strumento prezioso per chi voglia indagare il pattern nella sua componente tattile che è la texture.
Ancora, abbiamo parlato di musica, suggerisco l’approfondimento della ricerca dell’artista Alva Noto pseudonimo del musicista Carsten Nicolai che indaga la relazione fra pattern visivi e pattern sonori.
Grazie ad Anna per il tuo prezioso contributo!
Per chi fosse interessato: Basically ha sede a Roma, Anna tiene corsi on-line e off-line e tutte le info le trovate sul suo sito, e sul suo profilo Instagram