Common Ground(s)

UN PO’ DI COSE RANDOM

  1. Roberto Cuoghi è un artista italiano classe ’73,  alle spalle ha studi scientifici che influenzano il suo lavoro. Si concentra sul corpo e sulla metamorfosi della materia indagando la vita attraverso ritratti, istallazioni, sculture. Celebre il suo lavoro sulla metamorfosi fisica del suo giovane aspetto da venticinquenne a uomo sovrappeso di 67 anni. In biennale 2017 con l’istallazione “ imitazione di Cristo

  2. Una riflessione sulla contraddizione di ciò che si professa con il proprio attivismo e il nostro desiderio di essere diversi, interessante articolo sul fenomeno scatenato da un’influencer body positive che dimagrisce e indigna il suo pubblico. L’articolo del New York Times QUI

  3. Questo il podcast segnalatomi da un’amica sulla gentilezza. In particolare questa puntata indaga l’origine del sentimento nel mondo vegetale, l’intervista è a Stefano Mancuso.

  4. Un’altra invece mi ha segnalato l’intervista a Baricco a che tempo che fa. Mi ha colpito come lui parla del suo corpo dandogli del LUI, come se fosse qualcosa di diverso da se stesso. Interessante la riflessione sul desiderio che si contrappone alla paura. Quando si smette di desiderare, si lascia spazio alla paura.

  5. Una bellissima rappresentazione di The Rite of Spring nella versione di Florian Heinzen-Ziob su di una spiaggia.

 

Cominciamo questa passeggiata nel bosco parlando di corpi, natura e tempo.

A fine febbraio mi sono fatta un regalo meraviglioso: uno spettacolo di Teatro Danza su una coreografia di Pina Baush. (Per chi non la conoscesse consiglio il film PINA di Wim Wenders.)

Lo spettacolo si chiama The Rite of Spring, nella versione di Germanie Acogny, danzatrice e coreografa franco-senegalese, Leone d’oro alla carriera alla biennale di Venezia 2021 e universalmente conosciuta come la “madre della danza contemporanea africana”.
Acogny da sempre crede nel potere della danza di cambiare la vita delle persone, si è sempre impegnata a condividere la sua passione come atto di trasformazione e di rigenerazione. E io non posso che ringraziarla perché il suo spettacolo è stato un momento fortissimo di riflessione sul corpo e sulla forza naturale che lo abita.

Il corpo e il tempo sono strettamente legati. Si matura, si cresce, si cambia,
ci si ammala, si evolve. La nostra anima insieme al nostro corpo subiscono delle variazioni, non sempre all’unisono, e non sempre facili da accettare.
Non parlo solo di estetica, ma di un profondo rapporto intimo con il proprio corpo e le sue funzioni.  

In quest’epoca particolarmente costruita sull’estetica e sulla performance, il corpo è argomento centrale per tutt*, non solo per chi appartiene ad una minoranza. Oggi i corpi non conformi hanno poco a che fare con l’individuo che lo possiede, e molto invece con ciò che è discussione politica e sociale.

I corpi femminili sono da sempre al centro del dibattito, appartengono a tutti e tutti possono metterci bocca, decidere cosa è meglio per quel corpo fare oppure no. Non possedere il proprio corpo, toglie di fatto la possibilità di avere dei diritti. Se ciò che ti porta nel mondo non è tuo o non esiste, come puoi pensare che le tue idee o opinioni possano avere un peso o un corpo, appunto?
Quando l’occhio della società si ferma sui corpi non conformi alle regole che la stessa società e il tempo in cui appartengono impongono, ecco che il singolo prova vergogna, si affama, si nasconde, si controlla, nasce la diffidenza sulle proprie capacità e patisce un’eterna frustrazione. Suggerisco il libro “Invisibili” di Caroline Criado Perez, un po’ datato su alcuni dati statistici, ma perfetto per contestualizzare quanto i corpi femminili e di tutt* le persone non conformi siano poco considerati nella società, e di come questo influenzi molte discipline dalla tecnologia, all’architettura, all’urbanistica alla medicina. 

I movimenti femministi hanno lottato per la parità e la liberazione del corpo,
Il corpo è mio e me lo gestisco io, e con la riappropriazione del corpo rivendico anche il diritto di usarlo, sia fisicamente che intellettualmente. 

I social sicuramente permettono alle diversità di mettersi in luce e alle persone di riappropriarsi di una voce oltre che di un corpo, rivendicando così il diritto ad occupare un posto nella società. Nel contempo il concetto di “normalizzazione” può piallare la complessità del dibattito e spostare d’attenzione sul singolo e il suo ego. C’è un’interessante libro di Elisa Cuter “Ripartire dal desiderio ” che parla proprio di questo se volete approfondire. 

Il teatro danza nasce negli anni settanta. Fino a quel momento la danza classica era considerata la danza “colta” per eccellenza e la visione del corpo ad essa associata aveva regole molto rigide. C’era solo un tipo di corpo che poteva calcare le scene e un tipo di pelle ( questa purtroppo è ancora una piaga piuttosto attuale nella danza classica). Il teatro danza spezza queste rigide regole concentrandosi sull’espressione dell’essere. Fonda le sue radici nell’ambito della danza moderna dell’espressionismo tedesco degli anni ’30 del 900 che, come la corrente pittorica associata, indaga l’animo dell’uomo e non solo la tecnica o l’estetica. All’inizio del novecento ci sono diversi movimenti che vogliono contrapporsi alla rigidità della danza accademica e promuovere la danza libera. Oggi ogni corpo è conforme.
Il teatro danza porta una riflessione profonda sull’espressione, sulle emozioni e lo fa attingendo dal teatro.
Il linguaggio si sviluppa attraverso l’allegoria, la narrazione frammentata, la ripetizione e i simboli. 

Common Ground(s), è lo spettacolo che accompagna The Rite of Spring.
Sul palco due donne, la coreografa Germanie Acogny, e una  delle ballerine della compagnia originale di Pina Baush, Malou Airaudo. Entrambe le donne hanno 80 anni circa. Sul palco ci sono solo loro due. Iniziano dando la schiena al pubblico sedute su due sgabelli vicini. Si scambiano carezze, parole, passi.
La loro è una danza primordiale. Una donna bianca ( l’unica dello spettacolo) e una donna nera ricordano che siamo tutti uno, che veniamo dallo stesso ventre, con gli stessi antenati. Queste donne sul palco sono senza età, e nel contempo le rappresentano tutte. Più sono lontane dal pubblico più le vediamo giovani, più si avvicinano più sono anziane. Il corpo non cambia, il portamento neanche.
È il nostro occhio a cambiare sguardo. 
Falcinelli nel suo libro “ Guardare, pensare, progettare. Neuroscienze per il design” ci spiega come il nostro sguardo venga influenzato dalla cultura in cui siamo cresciuti, dal nostro peso, dalla nostra altezza, dal nostro genere, dal cibo che preferiamo, da tutto ciò che ci circonda. Insomma l’atto del vedere non è uguale per tutti. In Common Ground(s) il nostro occhio ha un pregiudizio e corregge l’immagine. Due donne di 80 anni non posso stare sul palco e ballare, questo è quello che crede il nostro cervello quando guarda le due schiene sedute in centro al palco. Ecco perché l’illusione è facile da ricercare. 

Se noi educassimo l’occhio a non avere pregiudizi come lo alleniamo alla ricerca del bello, se noi addestrassimo la nostra vista ad uno sguardo gentile la nostra visione del modo cambierebbe…


il crisantemo, fiore della longevità

Ho scoperto che quello che per l’Italia e altri paesi europei è il fiore legato ai defunti ( perché fiorisce tra ottobre e novembre), in Asia ha un significato tutt’altro che triste. 
In molti paesi asiatici infatti, i crisantemi sono considerati un simbolo di longevità e immortalità; associati alla speranza di una vita lunga e felice vengono utilizzati come decorazione in festival dedicati alla rinascita
e alla vita.
In Giappone addirittura è l’emblema ufficiale del trono imperiale,
ed è inserito nel suo stendardo. 

Il crisantemo ha anche molte proprietà che possono giovare alla nostra salute: abbassa la febbre in caso di influenza, agisce come antibatterico, digestivo e disintossicante.

Sara Stefanini

Illustratrice e graphic designer

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