Cambiamento permanente

UN PO’ DI COSE RANDOM

  1. Queste sono le opere di Theo Jansen, un’artista olandese che progetta statue in movimento fatte con materiali di reciclo. Sono macchine a vento che lascia camminare solitamente sulle spiagge dirigendole con piccoli colpetti. Un connubio perfetto tra arte e ingegneria.

  2. Invasioni è un podcast che tratta di movimenti e migrazioni di popoli, influenze linguistiche, storie di uomini e di come queste facciano parte
    del nostro presente.

  3. Qui è un fumetto di Richard McGuire, artista delle arti visive americano, che racconta la storia di un luogo nell’evolversi del tempo, intrecciando passato presente e futuro in modo maestoso. Il posto è sempre lo stesso, ma è in continua evoluzione come le storie che racchiude.

  4. Questo è il trailer del documentario su Gille Clément e il giardino in movimento.

  5. Questo è un libro d’artista di François Béalu in collaborazione con Gille Clément, dove Béalu interpreta la “Friche” un campo abbandonato e punto di partenza del giardino in movimento, attraverso delle incisioni.

  6. Questa è una piccola animazione di Gaia Alari, una bravissima disegnatrce ed animatrice. Anche lei ha cambiato strada da medicina alla carta dopo anni di studi. Le sue animazioni sono state proiettate nella Grande Salle del Pompidou a Parigi nell'aprile 2024. correte a sbirciare il suo sito

la carta di Greta

 

Cominciamo questa passeggiata nel bosco parlando di movimento e tempo.

Ho conosciuto Gille Clément attraverso il suo libro sulle Erbe Vagabonde, e come spesso succede, questo libro mi ha spinta direttamente verso un’altro libro: Il giardino in movimento

Mi hanno sempre affascinata i parchi e i giardini tanto da scriverne un album Illustrato per bambini ( Le Parc de Marguerite, Notari 2014). Amo passeggiare in quelli botanici, in quelli della mia città o delle città che vado a visitare.
Ricordo ancora la prima volta che misi il piede nel parco della Caffarella a Roma, così vasto e rurale che mi colpì saperlo collocato quasi al centro della città.
Fu impressionante vedere la natura dirompente interrotta da sontuose rovine romane, uno spaccato di campagna in piena città.

I giardini come li conosciamo noi, richiamano alla mente qualcosa di estremamente ordinato e strutturato. Quelli che scorgiamo nelle più famose serie TV americane ad esempio, tutti uguali a se stessi come le case che circondano, l’erba tagliata a modino e le aiuole con fiori e odori.
Se diciamo giardino spesso e volentieri ricordiamo quelli delle ville di grandi città o residenze reali. Il giardino all'italiana tardo-rinascimentale per esempio, è caratterizzato da una suddivisione geometrica degli spazi, creati da filari alberati e siepi, lungo i quali vengono disseminate sculture vegetali scolpite con la potatura di cespugli sempreverdi. Oppure il giardino alla francese con i suoi labirinti, barocco, simmetrico, sontuoso e quasi teatrale. Quello inglese più bucolico e pittoresco dove elementi naturali e artificiali si alternano armoniosamente come in un dipinto, appunto. Ogni tipologia di giardino come lo intendiamo o come la maggior parte delle persone lo intende è una forzatura.
Il frutto di un progetto molto bello, a volte imponente, ma nel quale nulla sfugge al controllo. 

Il giardino in movimento invece si basa su regole molto diverse. Gilles Clément è un biologo, scrittore, entomologo e paesaggista francese, insegnante al École Nationale du Paysage di Versailles, che ama definirsi semplicemente “Giardiniere”. Indispensabile per Clément è che il giardiniere possegga una solida educazione allo sguardo. L’osservazione permette di acquisire importanti nozioni su ciò che è invisibile e fondamentale per il mondo vegetale. Gli spazi diventano un’occasione, Il vuoto architettonico contiene un pieno biologico, Il giardino si muove con il tempo delle stagioni il vento e la fauna. Ogni giardino in movimento è diverso, sviluppa la sua personalità ed è sempre in evoluzione.
Il giardino è il terreno privilegiato del cambiamento permanente,
un’opera incompiuta che si fa carico degli uragani, reinterpreta le ceneri di un fuoco, reinventa la vita su basi sconvolte dagli eventi e dal tempo. 

Clément afferma che per creare un giardino in movimento il giardiniere deve disimparare tutto quello che ha imparato fino a quel momento. Non combattere con violenza le piante spontanee, ma accoglierle e dirigerle. Una danza morbida tra il giardiniere e il giardino, un passo leggero di comprensione profonda del tempo e del suo agire. 

Se pensassimo al mondo allo stesso modo, probabilmente riusciremmo a convivere tutti in armonia. Mancuso nel suo libro “ La nazione delle piante” attraverso 8 articoli della costituzione del mondo vegetale, ci spiega proprio come evitare un futuro catastrofico per l’umanità, e come guardare alle piante in un modo nuovo, usandole non solo per quello che hanno da offrirci, ma per quello che possono insegnarci. Se basassimo la nostra civiltà su quella delle piante, vedremmo nelle migrazioni delle opportunità portatrici di giardini sconosciuti con le loro storie e il loro movimento. 

Questo concetto si può applicare sia a ciò che vasto e lontano come il movimento del mondo e delle persone, sia alle nostre vite. 

Il giardino in movimento siamo noi, il nostro corpo e la nostra mente. Le erbe vagabonde sono i nostri pensieri, i desideri o le idee che abbiamo del mondo e di noi stessi. Noi siamo la struttura, il vuoto architettonico che contiene questo universo in movimento. Pensare così della nostra vita ci permette di essere un organismo mutevole e ci da la possibilità di evolvere e cambiare idea senza estirpare ciò che in noi non funziona o ci provoca dolore, ma imparando a conviverci e addirittura danzare con esso verso altri luoghi. L’osservazione di ciò che avviene dentro di noi è indispensabile e fondamentale per poter capire l’intenzione che ci muove nel mondo, che ci rende fertili e pronti per un’altro movimento. 

Ho pensato che sempreverde è per me un giardino in movimento e appena formulato questo pensiero, Greta è planata lieve nella sua terra. 

Greta crea carta e la carta si sa ha origini antichissime e segue percorsi migratori appassionanti. Con Greta ci sarà una piccola capsule che presto vi sveleremo, ma nel frattempo ve la presento.


Ciao Greta, 

Benvenuta a POLLINE. 
Come un’erba vagabonda sei approdata nel mio giardino e ora che sei qui mi piacerebbe che tu ci parlassi un un po’
Raw Paper Studio,
cosicché anche chi non ti conosce può capire perché la casualità di questo incontro è stata perfetta.
 
Ciao Sara, che bello averti incontrata.
Mi chiamo Greta, vengo da Brescia e Raw Paper Studio è il mio piccolo laboratorio di carta riciclata fatta a mano. Qui trasformo scarti e ritagli di carta in una nuova risorsa e regalo loro una seconda vita. È un piccolo progetto, ma ha radici profonde e di cui vado particolarmente orgogliosa. 

Durante l’incontro telefonico che abbiamo avuto mi hai parlato di Campo Tres, una realtà molto interessante che ho scoperto da te, vuoi spiegarci
che cos’è e come ti ha formata questa esperienza?
Campo Tres è un’azienda privata nata dall’idea di due coniugi, Gustavo e Lucia: è un villaggio turistico estivo in montagna per bambini e adolescenti. Da più di 40 anni svolgono un’attività di educazione sentimentale, ambientale e civica sul territorio attraverso laboratori ed escursioni.
Frequento Campo Tres da 15 anni: prima come bambina e ospite, poi come aiuto-animatrice e infine, dal 2019, come animatrice. Il mio laboratorio è il “Laboratorio della Carta”, dove realizziamo, appunto, carta riciclata.
Per e con i ragazzi ho scelto di porre l’attenzione sulla fisicità dei movimenti svolti e sul riciclo di materiali che in altri lavoratori venivano costantemente scartati. Mai mi sarei aspettata di innamorarmi della polpa, del setaccio e della sensazione di pace che trasmette questa attività. Da allora non ho più smesso e tutte le estati ripropongo questo laboratorio che è molto apprezzato dai bambini e ragazzi.

L’idea di Raw Paper Studio nasce dunque da una ricerca fatta durante Campo Tres, ma che cos’è diventa per te la carta? E che obbiettivo hanno i tuoi laboratori?
Quando ho capito che da questo laboratorio poteva sbocciare qualcosa,
ho cominciato a proporlo anche al di fuori del campo. Prima ai miei conoscenti e amici e in seguito anche ad estranei che poi si sono trasformati in amici.
Resto spesso in contatto con i miei corsisti, perché l’esperienza della carta crea forti legami. Questo è uno dei miei obbiettivi! Creare legami, mettere al centro la persona e le sue esigenze di quel momento, fare in modo che si senta a proprio agio e ascoltata. E, come ben sai tu illustratrice di piante, la carta ascolta molto. 

Possiamo dire che le piante e la natura influenzino la tua vita da vicino: quando crei le tue carte usi anche semi o fiori? Li abbini ai progetti per un significato particolare, o ti lasci ispirare dal caso?
Ti svelo un segreto, che poi così segreto non è: la carta è la mia passione, ma non la mia occupazione principale. Lavoro infatti come commessa in un’erboristeria a Gussago, in provincia di Brescia. Le piante, i loro oli e le loro essenze sono la mia quotidianità. Qui, recupero petali e altri derivati vegetali che spesso aggiungo alle mie creazioni cartacee. Se non sto lavorando ad un progetto particolare, di solito
mi lascio ispirare dall’umore del momento, da quello che i miei occhi desiderano vedere.

Il tempo influisce sulla lavorazione della carta?
Una volta formati e pressati, lascio che il vento e il sole si prendano cura dei miei fogli. Per questo sono molto più produttiva (e felice) d’estate,
mentre in inverno Raw Paper Studio va in letargo.

Quale momento ti piace di più rispetto al processo di fare la carta?
Il mio preferito è più un movimento che un momento, è quello che io chiamo il “salutare”, ovvero lo scuotimento delle fibre di carta diluite nella vasca piena d’acqua.

Gilles Clément dice che per preservare la biodiversità tocca disimparare tutto. Spesso questo concetto può essere applicato a ciò che la vita porta sul nostro cammino o all’idea che si ha di sé. Può essere vero anche per te? E in che modo?
Ho sempre pensato, sin dalle elementari, che sarei diventata medico. Mi sembrava il modo più semplice e lineare per essere utile agli altri (che è la mia fonte principale di felicità), ma mi sbagliavo. Mi sono iscritta all'università e per quattro anni ho frequentato e studiato medicina. Ma era troppo sterile come materia, non accoglieva le mie richieste!
Ho disimparato, soffrendo, ad essere così rigida e asettica come avrei dovuto essere per continuare gli studi, per poter tornare a vivere serenamente.
La Greta che è ri-nata, e che sta ancora imparando a vivere diversamente, è una persona più morbida. Ho capito che posso essere utile per gli altri in tanti modi,
ma ora sono più attenta anche alle mie necessità.

Se il tuo progetto Raw paper studio fosse un’erba vagabonda, quale sarebbe?
Sarebbe un germoglio di nigella sativa. Anche conosciuta come cumino nero, è una erba  vagabonda dai cui semi
si ricava una spezia molto aromatica e fresca, oltre che uno olio pregiato utilizzato dai tempi dei faraoni.

Dove ti piacerebbe che il vento ti portasse?
Vorrei mi portasse su un terreno fertile in cui poter mettere radici e costruire uno spazio indipendente, uno studio tutto mio.

Prima di terminare questo nostro piccolo incontro, vuoi consigliarci una lettura o un film che ti ha fatto disimparare tutto e nel contempo ha seminato un’idea nuova? 
A cena con Darwin, di Jonathan Silvertown, oppure La virtù dell’orto, di Pia Pera. Il primo è un libro divulgativo che tratta del rapporto uomo-alimentazione e il secondo è un’ode all’orto e al giardino.

Ora immagino che molti di voi saranno incuriositi da questa materia e che verranno a cercarti, Raw paper studio ha una sede?
Dove possiamo trovarti e fare i tuoi corsi ?
Raw Paper Studio per ora ha una sede solo privata, ma potete venirmi a trovare ad uno dei tanti corsi che tengo, dove mi appoggio ad altre realtà.
Il prossimo sarà al MOCA di Brescia, il 12 maggio.


Il termine papavero deriva dal celtico papa, pappa; si mescolava il frutto di papavero alla pappa che veniva data ai bambini per farli addormentare. Non ne serviva tanto. Il papavero sonnifero era nella lista delle piante annoverate da Carlomagno ed è una pianta vagabonda. la si può coltivare ma scappa dai giardini con il vento e va ad insidiarsi vicino alle strade, sui sentieri, sempre più lontano. Esistono numerose varietà del papavero sonnifero ed è diffuso in tutto il mondo, ma il suo viaggio è antico e comincia nell’Asia Minore. Il papavero assume il simbolo dei caduti di guerra dopo la prima guerra mondiale ed è simbolo della resistenza antifascista nella seconda.
Buon giorno della liberazione a tutti.

Sara Stefanini

Illustratrice e graphic designer

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